Nella crisi climatica capitalista: l’economia o il clima?
di Tomasz Konicz, 26.02.2024
Il settore economico tedesco è in fiamme. [1] Sempre più aziende e corporazioni annunciano licenziamenti o delocalizzazioni, mentre economisti e associazioni mettono in guardia da una „deindustrializzazione“ della Repubblica Federale Tedesca. Aziende come Miele, Continental, Bosch, Volkswagen, BASF e Bayer hanno già fatto notizia con i loro annunci, ma si tratta solo della punta dell’iceberg. Secondo un sondaggio della Federazione delle Industrie Tedesche (BDI), oggi è circa il 67% di tutte le aziende intervistate che si trova in procinto di delocalizzare la propria produzione all’estero, coinvolgendo in questo quei settori chiave come la chimica, l’ingegneria meccanica e la produzione automobilistica, che poi sarebbero quelli particolarmente colpiti. Il modello economico tedesco, orientato all’esportazione, che mirava pertanto a conseguire i più alti surplus di esportazione possibili, attualmente si trova nella nuova fase della crisi in cui sta entrando il sistema globale tardo-capitalista, caratterizzata da de-globalizzazione, protezionismo e crescente instabilità delle catene di produzione e di approvvigionamento globali, che si stanno disintegrando in maniera spettacolare. [2] Attualmente, oltre agli altri paesi dell’eurozona, come paesi bersagli per le delocalizzazioni aziendali, ci sono gli Stati Uniti, dove di fatto l’amministrazione Biden sta portando avanti la politica protezionistica di Trump. [*3]
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