di Tomasz Konicz, 0.07.2023
Breve storia delle aporie della politica borghese di crisi nella fase di transizione dell’economia globale, dalla crisi pandemica alla crisi bellica
Dalla pandemia alla guerra: l’economia mondiale non ha più pace. Sul suo sito web, „Tagesschau“ vede l’economia mondiale minacciata addirittura da «crisi multiple» [1] Ma quando si tratta di parlare delle conseguenze economiche causate dalla rapida erosione del sistema capitalistico globale, quel che ora ci si pone è la questione di sapere se abbia un qualche senso parlare di crisi economica pandemica o di crisi economica bellica; o se piuttosto non sia invece più appropriato comprendere gli shock economici che si susseguono come delle fasi di quello che è un solo e unico processo di crisi sistemica. In ogni caso – nella sua ultima analisi dell’economia globale – la Banca Mondiale ha dovuto rivedere, in maniera significativa e al ribasso, le sue precedenti previsioni di crescita [2]. Secondo le ultime previsioni, quest’anno l’economia globale dovrebbe crescere solo del 2,9%, mentre invece a gennaio, l’attesa per la Banca Mondiale, corrispondeva ancora al 4,1%. Se così fosse, ciò significherebbe arrivare quasi a dimezzare lo slancio economico globale, il quale, nel 2021, grazie alle gigantesche misure di stimolo economico finanziate dal debito di molti Stati, era arrivato a registrare un enorme aumento del 5,7%. Per molti Paesi in via di sviluppo ed emergenti, i quali possono arrivare ad avere stabilità sociale solo attraverso alti tassi di crescita, un tale rallentamento economico è già di per sé pericoloso, soprattutto se visto in un contesto di impennata dei prezzi dei generi alimentari. Inoltre, la Banca Mondiale ha messo in guardia a proposito del crescente rischio di un periodo prolungato di stagflazione, simile alla fase di crisi avuta negli anni ’70, allorché la stagnazione economica veniva a essere accompagnata anche da un’inflazione a due cifre (a tal proposito si veda anche: „Ritorno alla stagflazione?“ [3]). Anche l’OCSE ha dovuto procedere ad apportare correzioni simili, secondo le quali quest’anno la produzione economica mondiale dovrebbe crescere solo del 3% [4].
Alla fine del 2021, la previsione era ancora del 4,5%. Per il 2023, l’associazione dei 38 Paesi industrializzati prevede una crescita economica del 2,8% – anziché del 3,2% ipotizzato in precedenza -, e questo ovviamente a patto che non si verifichino nuovi focolai di crisi. Secondo l’OCSE, il rallentamento economico del prossimo anno verrà accompagnato anche da un rallentamento dell’inflazione che – dall’8,5% di quest’anno – entro la fine del 2023 dovrebbe scendere al 6,0%. Le massicce revisioni, che nel giro di sei mesi l’OCSE e la Banca Mondiale hanno dovuto apportare, non solo dimostrano l’inutilità delle previsioni economiche in quella che è l’evidente crisi sistemica in cui sta entrando il tardo capitalismo, ma rivelano anche un legame tra inflazione e crescita economica che diventa sempre più chiaro. Al più tardi è stato a partire dallo scoppio della pandemia – alla quale i politici hanno reagito per mezzo di una massiccia stampa di moneta, attuata soprattutto al fine di poter finanziare le misure di stimolo governativo negli Stati Uniti e nell’Unione Europea – che una crescente dinamica inflazionistica ha cominciato a mettere radici. Perciò questo non è dovuto solo alla guerra – non è pura «inflazione Putin» – e alle perturbazioni nelle catene di approvvigionamento globali, ma è anche conseguenza dell’espansiva politica monetaria delle banche centrali [*5].
Link: https://francosenia.blogspot.com/2023/07/le-crisi-multiple-e-le-loro-trappole.html