Lotta per la trasformazione al posto della Lotta di classe

11.10.2022, di Tomasz Konicz [***]

Nella palese crisi sistemica, quando tutto è in movimento, la sinistra in rapida erosione deve osare qualcosa di nuovo. Fino a che è ancora possibile, e fino a quando essa esiste –

Preambolo: Fino a che punto è oramai fottuto quello che rappresenta ciò che in Germania [n.d.t.: ma va bene anche in Italia, così come nel resto del mondo] è rimasto, e continua – probabilmente per abitudine – a definirsi ancora come la Sinistra? Nel rispondere a tale domanda, un piccolo indizio viene fornito da questo testo, il quale in realtà avrebbe dovuto apparire su Jungle World, cercando così di delineare un approccio alternativo in riferimento alla prassi in quella che è la palese crisi sistemica. Annunciato come un contributo alla discussione, dopo le votazioni in redazione, è stato riscritto ancora e ancora, fino a che di esso non ne è rimasto quasi nulla. Dopo alcuni giorni, la proposta di una mediazione, che viene qui pubblicata, è stata respinta dai redattori. A rendere tutto questo davvero divertente, è il fatto che l’idea di tentare qualcosa di nuovo è il frutto di un articolo di Jungle World, nel quale ero io che venivo invitato a «lasciare il sentiero battuto» („Ausgetretene Pfade verlassen“, Jungle World, 21.04.2022). Ma sembra che quanto più la crisi sistemica appare evidente, tanto più il limbo giornalistico liberal-sinistro della TAZ si aggrappa ostinatamente al suo amato capitalismo. A mio avviso, Jungle World non andrebbe essere preso sul serio in quanto media di sinistra. Ad ogni modo, una versione più lunga del testo uscirà comunque su exit-online.

Link: https://francosenia.blogspot.com/2022/10/il-nemico-e-il-concorrente.html

Di che cosa abbiamo bisogno dopo l’estate dell’orrore di quest’anno? Il Partito della Sinistra ha tracciato la propria strada: un «Autunno caldo» di protesta sociale. Tra tutte quelle che sono le numerose possibilità di reagire alla palese crisi sistemica, al collasso climatico, all’inflazione, all’impoverimento, all’erosione sociale, al fascismo, alla guerra e alla recessione, i dirigenti ultra-conservatori di Casa Karl Liebknecht hanno scelto la variante più anacronistica e opportunista, che finisce per essere l’equivalente della demagogia sociale, dato che di fronte alla crisi in atto non si può più tornare al «capitalismo renano» e alla cosiddetta economia sociale di mercato. Il Partito della Sinistra – di fronte alle diverse opzioni di coalizione – intende arricchire l’ideologia di crisi del „capitalismo verde“, divulgata con successo dai Verdi, con una componente sociale. Le proteste sociali, nell’escalation della crisi sistemica, nelle quali la paura esistenziale ben giustificata delle persone viene strumentalizzata a fini partitici, per distorcere la questione sistemica trasformandola in una mera questione di redistribuzione; dove questa demagogia non è solo un esempio caricaturale di falsa immediatezza, ma è anche il frutto di una critica tronca del capitalismo, la quale si aggrappa con le unghie e con i denti ai sintomi, ignorandone o personalizzandone le cause. Si tratta di una relazione di attaccamento reazionario al collasso di tutto il vecchiume, e che apre degli spazi per la costituzione di un fronte trasversale composto di vecchie sinistre e di nuove destre, come è già realtà nella provincia della Germania Orientale, ad esempio a Brandenburg an der Havel, dove il 17 settembre il Partito di Sinistra, „Aufstehen“, insieme al movimento pacifista, a pensatori trasversali, all’AfD e ai nazisti, hanno manifestato tutti insieme per la pace e il gas russo. Ora, il Partito di Sinistra si pone „in concorrenza“ con l’AfD, in termini di demagogia sociale. Entrando in competizione, letteralmente nel corso delle stesse manifestazioni. Ma non è detto che debba essere necessariamente così, e ciò nemmeno in Germania, con la sua terribile tradizione nazionalsocialista.

Che ne dite di una nuova prassi? Anziché presentare alla gente per l’ultima volta quelle che sono le vecchie canaglie brune dei decenni passati?
È ormai evidente che il sistema globale capitalista si trova in agonia e minaccia di sgretolarsi a causa delle sue contraddizioni interne e della devastazione ecologica che sta provocando; se ne comincia già a parlare anche tra gli esponenti della sinistra tedesca. Il fine ultimo della sinistra è radicalizzare il malessere nel capitalismo, vale a dire, andare a quelle che sono le sue radici, in modo da chiarire che, per la sopravvivenza, si rende necessario il superamento del capitale, in quanto relazione totale di produzione e di riproduzione, da mettere in atto nel quadro di una trasformazione del sistema. Il superamento del capitale, è l’ultimo vincolo materiale costituito dal capitalismo. O il capitale – e insieme a esso la preistoria dell’umanità, nel senso di Marx – viene consapevolmente fatta passare alla storia grazie a un movimento emancipatorio, oppure il capitale finirà per distruggere le basi ecologiche e sociali del processo di civilizzazione. È talmente semplice. E a partire da questo si può sottolineare quale sia l’assurdità di una crescita economica illimitata in un mondo finito. Ma facendolo, si metterebbe fine anche alle carriere di tutti gli opportunisti di sinistra che intendono ancora partecipare anche alla prossima amministrazione di crisi, sia in politica che nei media. Ecco perché la questione della divulgazione offensiva di questa coscienza radicale della crisi è cruciale per sviluppare una prassi di sinistra, in quanto costituisce anche la linea di demarcazione rispetto all’opportunismo. Ma innanzitutto, però, il prerequisito fondamentale perché ci possa essere un movimento di trasformazione emancipatoria è proprio quello di avere una chiara comprensione del carattere della crisi, e questo proprio perché non esiste nessun «soggetto rivoluzionario», così come non c’è e nessuno spirito del mondo che, nascostamente, aiuti l’«astuzia della storia» ad aprirsi la sua strada. Se usiamo quest’espressione, ciò non è dovuto a voler assumere un atteggiamento radicale, ma proprio perché la trasformazione del sistema è inevitabile per tutti – e la generalizzazione in questo caso è necessaria – ed essa va affrontata in maniera offensiva. Quel che emerge chiaramente sullo sfondo dell’imminente collasso socio-ecologico, nel quale viene perfino disonorata anche tutta la logica leninista degli interessi, è l’auto-movimento del capitale che viene ignorato da una critica riduttiva del capitalismo, insieme al feticismo motivato dalle contraddizioni interne della relazione di capitale. Mentre l’umanità in balia delle dinamiche distruttive del capitale, da essa inconsapevolmente prodotte attraverso la mediazione del mercato, rimane impotente perfino nella sua agonia. La speranza che rimane da coltivare, malgrado ogni evidenza, è che nel corso del processo di trasformazione che viene aperto questo feticismo possa essere superato e convertito in un movimento emancipatorio per la trasformazione consapevole della riproduzione sociale.

A rigore, una rivoluzione non è più nemmeno necessaria. Ma ciò che inevitabilmente ci verremo a trovare di fronte, sarà una lotta che si dipanerà lungo il cammino dell’inevitabile trasformazione del sistema. E questo avverrà a causa della dinamica della crisi che sarà innescata dalle lotte dei soggetti concreti; come è avvenuto nel corso della crisi dell’euro, o durante l’attuale guerra per l’Ucraina. Tutte le diverse lotte concrete – dalle proteste sociali agli scioperi per il clima, fino alle manifestazioni antifasciste o quelle messe in atto dai movimenti per i diritti civili – dovranno essere consapevolmente condotte in quanto lotte per un futuro post-capitalista, e propagandate in maniera offensiva come tali. È necessario identificare quelle forze e quelle costellazioni che servono a favorire un percorso emancipatorio di trasformazione. Sarà questo il vero denominatore comune dei movimenti sociali concreti. In tal modo si potrà evitare che si scateni la concorrenza tra i diversi movimenti, come ad esempio quella tra i movimenti sociali e quelli per il clima. La questione è semplicemente sapere quale società tardo-capitalista deve essere realizzata nel corso del processo di trasformazione: se verrà messo in atto uno stato di polizia oligarchico altamente armato, oppure se verrà instaurata una democrazia borghese relativamente aperta. Le lotte contro le tendenze di crisi del tardo capitalismo – tendenze come la pauperizzazione, la de-democratizzazione e il fascismo – devono essere intraprese sotto forma di momenti parziali della lotta per la trasformazione.

Una coscienza radicale della crisi può anche essere articolata fin dall’inizio mediante slogan e rivendicazioni: così, le proteste sociali e le richieste di ridistribuzione, ad esempio, possono mirare a far pagare ai ricchi l’imminente trasformazione; finché il denaro continua ad avere ancora valore. E questo perché alla fine, anche nella lotta sociale concreta, bisognerà osare uscire dalla prigione del pensiero capitalistico, e smettere di continuare ad aggrapparsi, ad esempio, a uno Stato sociale ormi eroso. Ed è perciò che i derivati borghesi della logica fondata sulla lotta di classe – come la critica ecologica del consumo e il corrispondente pensiero rinunciatario – sono controproducenti. Non si tratta di limitare il consumo di merci, che è solo un momento del processo di valorizzazione, quanto piuttosto di liberare la soddisfazione dei bisogni umani dalla costrizione della forma merce. Sarà la crisi che distruggerà il consumo, insieme alla forma merce, come già sta avvenendo per molte persone, le quali si trovano costrette a vegetare sull’orlo della fame nelle aree fatiscenti della periferia. La questione riguarda come si possa lottare per una soddisfazione consapevole dei bisogni, al di là della forma merce, nel quadro di un processo che possa comprendere, nel suo complesso, la società ancora in attesa della lotta per la trasformazione.

In un simile contesto, la prassi progressista appare possibile solo se vista come momento parziale della lotta per un processo di trasformazione emancipatorio; mentre tutto il resto ci riporta invece all’ideologia della crisi e, in ultima analisi, alla barbarie. All’inizio, il fronte della lotta per la trasformazione si svolge anche tra quelli che sono i campi politici in erosione, nella sinistra nella destra. La destra (incluso il fronte trasversale) – che dal centro spinge all’estremismo attraverso un’adesione reazionaria all’esistente che sta collassando – spinge a un fascismo che sta cadendo nell’anomia, in quanto forma di crisi apertamente terroristica del dominio capitalista; quello che rimane della sinistra forse potrà ancora riuscire a contrastarlo, come forza emancipatrice, solo se prevarrà in essa una coscienza di crisi radicale, che poi possa diventare la base di un processo di trasformazione consapevolmente guidato. Visto in tal senso, l’antifascismo in particolare – come è avvenuto nel corso dell’ultima crisi sistemica degli anni Trenta – sembra emergere come il primo campo di battaglia centrale nella lotta per la trasformazione. Contrariamente alla lotta di classe – nella quale i lavoratori rimangono all’interno del processo di valorizzazione, in quanto «capitale variabile» – la lotta di trasformazione, nel corso della crisi, rischia di essere rapidamente assorbita da una logica eliminativa, e questo perché, insieme al processo di valorizzazione crolla anche quella che è la base economica comune alle classi in dissoluzione. Il nemico non è più economicamente «necessario», ma finisce per essere semplicemente un concorrente superfluo. La volontà dell’Unione Europea di trasformare il Mediterraneo in una fossa comune per i rifugiati in crisi, rappresenta uno spaccato del potenziale barbarico del processo di crisi. In ultima analisi, la questione riguarda sapere se il dominio senza soggetto del capitale possa essere o meno superato nel corso della prossima trasformazione; oppure se l’estrema destra, che ha già piantato i suoi piedi nello Stato profondo, riuscirà per l’ultima volta a concretizzare il potenziale barbarico che è insito nella relazione di capitale. È anche per questa ragione che, ad esempio, i movimenti di protesta contro la de-democratizzazione, contro lo Stato di polizia e contro i piani autoritari sono essenziali se visti come momenti parziali della lotta di trasformazione, in quanto possono contribuire a mantenere il processo di trasformazione su un binario civile il più a lungo possibile, prima che entri in scena la logica militare.

Tomasz Konicz – Pubblicato il 5/10/2022 su Tomasz Konicz. Nachrichten und Analysen: Wertkritik, Krise, Antifa –
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