di Tomasz Konicz, 13.07.2023
La lotta in corso in Russia, tra bande concorrenti per la ripartizione del mercato e del territorio, che era stata finora tenuta nascosta, sta sfuggendo a ogni controllo
Il presidente russo Vladimir Putin ha spezzato il dominio degli oligarchi, ma lo ha fatto al costo di dover creare, nell’apparato statale in espansione, delle nuove strutture oligarchiche. Sulla scia della guerra in Ucraina, le lotte tra i racket concorrenti, per la distribuzione occulta, si sono intensificate. La rivolta del gruppo di mercenari della Wagner, ha mostrato quanto sia diventato fragile il dominio del presidente russo. Si tratta di un semplice gioco di potere, una di quelle ordinarie manovre politiche quotidiane, con cui si fa politica nelle democrazie capitaliste. Per imporre una decisione impopolare, come ad esempio una „riforma strutturale“ neoliberista. Non c’è problema.
Se qualcosa va storto, non c’è niente di più facile che sostituire un ministro. Nell’establishment politico del tardo capitalismo avanzato, la sostituzione del personale è il prezzo che viene abitualmente pagato, al fine di poter così mantenere tanto le strutture quanto la direzione politica. Nel momento in cui la stampa parla di teste che rotolano, come è ben noto, questo non va preso alla lettera. E sebbene, letteralmente, le teste non rotolano nemmeno in Russia, c’è da dire che di tanto in tanto delle morti misteriose di funzionari statali si verificano! La rivista Newsweek ne ha contati ben nove, dall’inizio della guerra in Ucraina; il più recente è stato il giudice distrettuale Artem Bartenev, „caduto dalla finestra” del suo appartamento al dodicesimo piano, a Kazan. Ma tuttavia, il governo russo non è in grado di compiere quella che è una semplice manovra di politica di potere, sostituendo un ministro. In effetti, il presidente Vladimir Putin dovrebbe sostituire Sergei Shoigu; il suo ministro della Difesa palesemente incompetente. Però non può farlo senza erodere ulteriormente la sua già fragile base di potere; per quanto l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia equivalga da tempo a un disastro geopolitico e militare, e la sostituzione di un ministro simulerebbe quanto meno un’azione.
In Russia, la lotta per il potere, che ha improvvisamente assunto le caratteristiche di un ammutinamento – se non di un tentativo di colpo di Stato – continua a rimanere un mistero, in mancanza di una corretta comprensione di quella «verticalità del potere» russo plasmato da Putin, dietro cui si nasconde un’oligarchia statale di stampo mafioso. La popolarità di cui il capo di Stato russo ancora gode, è stata acquisita nella fase iniziale del suo governo, quando ha posto fine alla fase caotica della trasformazione della Russia, caratterizzata dalla disintegrazione statale e sociale. Per questo Putin viene visto, soprattutto dai membri della vecchia generazione, come un «uomo d’ordine», come se fosse la personificazione di quel forte Stato russo che ha estromesso dal potere l’oligarchia. Quell’oligarchia che discendeva dall’élite funzionale sovietica e che, dopo l’implosione dell’Unione Sovietica, è uscita vittoriosa dalle privatizzazioni selvagge. Il contenimento del pauperismo durante la fase di trasformazione degli anni Novanta, la correzione parziale della perdita di importanza geopolitica da parte della Russia, il ripristino di alcune funzioni statali di base, come la riscossione delle imposte e la fine dei trasferimenti di capitale dalla Russia: tutti questi risultati, ottenuti da Putin all’inizio del XXI secolo, sarebbero stati impensabili senza lo smantellamento dell’oligarchia russa in quanto struttura dominante.
Nel corso delle dispute con il governo, durante il primo mandato di Putin, diversi oligarchi – come Vladimir Gussinsky o Boris Berezovsky – sono stati cacciati dal Paese, mentre il recalcitrante magnate del petrolio Mikhail Khodorkovsky è finito per dieci anni in galera. Successivamente, i magnati predoni e gli oligarchi post-sovietici – i quali durante la presidenza di Boris Eltsin negli anni ’90 avevano accumulato, quasi senza alcun ritegno, gran parte dei beni della fallita Unione Sovietica – hanno raggiunto un accordo con il governo. Per far sì che essi potessero accettare la loro rimozione dal potere politico, pare che siano state date delle garanzie informali di proprietà, soprattutto nei confronti degli oligarchi del clan di Eltsin.
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